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Particolare tenuità: è configurabile in caso di reato continuato?

Particolare tenuità: è configurabile in caso di reato continuato?

Le Sezioni Unite dovranno decidere se la continuazione tra reati impedisca l’applicazione della causa di non punibilità ex art. 131-bis c.p. (Cass. ord. 38174/2021).

di Avv. Simone Marani

Deve rimettersi alle Sezioni Unite il quesito se, ai fini dell’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p., sia di per sé ostativa la continuazione tra i reati.

Questo è quanto emerge dalla sentenza 25 ottobre 2021, n. 38174 (testo in calce) della Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione.

La questione trae origine dal disposto dell’art. 131-bis c.p., il quale, dopo avere ribadito, al primo comma, che nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’art. 133, comma 1, c.p., l’offesa sia di particolare tenuità e il comportamento risulti non abituale. Al successivo terzo comma si stabilisce che il comportamento è abituale nel caso in cui l’autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali o reiterate.

Premesso che la non punibilità deriva non già dalla inoffensività della condotta, ma dal riconoscimento di un grado minimo dell’entità dell’aggressione al bene giuridico protetto, a fronte del quale il Legislatore ritiene non necessaria l’irrogazione della sanzione penale, sul tema della configurabilità della particolare tenuità nel caso di continuazione nel reato si registra un certo contrasto giurisprudenziale.

Un primo orientamento seguito dalle Sezioni Unite con la sentenza del 25 febbraio 2016, n. 13681, hanno affermato che laddove la norma fa riferimento a “più reati della stessa indole”, la locuzione vada interpretata nel senso che il comportamento è abituale quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, abbia commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame. Ai fini della “non abitualità”, quindi, il giudice può fare riferimento non solo alle condanne irrevocabili ed agli illeciti sottoposti alla sua cognizione, ma anche ai reati in precedenza ritenuti non punibili ex art. 131-bis c.p.

Ciò premesso, secondo un primo orientamento, che fa leva sul tenore letterale della norma, lo sbarramento di cui al comma 3 deve ritenersi operante non solo nel caso di pregresso accertamento in sede giudiziaria dell’abitualità, ma anche con riferimento a condotte prese in considerazione nell’ambito di un medesimo procedimento e, quindi, anche con riferimento a reati avvinti dal vincolo della continuazione (Cass. pen., Sez. III, 28 maggio 2015, n. 29897; Cass. pen., Sez. I, 24 ottobre 2017, n. 55450).

Alcune pronunce hanno evidenziato che l’incompatibilità del reato continuato con il riconoscimento della tenuità del fatto è in linea con il principio di non meritevolezza della pena per un fatto oggettivamente tenue; il soggetto che abbia violato più volte la stessa o più disposizioni di legge sorrette dalla medesima ratio, non può avvantaggiarsi della causa di non punibilità in oggetto perché, in tale evenienza, è la norma stessa a considerare il fatto secondo una valutazione complessiva in cui perde rilevanza l’eventuale particolare tenuità dei singoli segmenti in cui esso si articola e prevale la sua dimensione plurima e la sua gravità (Cass. pen., Sez. III, 4 aprile 2017, n. 776).

Secondo una diversa impostazione, la causa di esclusione della punibilità può essere dichiarata anche in presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione, giacché quest’ultima non si identifica automaticamente con l’abitualità del reato, ostativa al riconoscimento del beneficio, non individuando comportamenti di per se stessi espressivi del carattere seriale dell’attività criminosa e dell’abitudine del soggetto a violare la legge (Cass. pen., Sez. II, 29 marzo 2017, n. 19932).

Per tale indirizzo ermeneutico, il solo fatto che il reato per il quale si chiede l’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, sia stato posto in continuazione con altri non è di ostacolo, in astratto, all’operatività dell’istituto, occorrendo valutare, in concreto, se il fatto nella sua globalità, avuto riguardo alla natura degli illeciti unificati, alle modalità esecutive della condotta, all’intensità dell’elemento psicologico, al numero di disposizioni di legge violate, agli interessi tutelati, sia meritevole di un apprezzamento in termini di speciale tenuità (Cass. pen., Sez. V, 31 maggio 2017, n. 35590; Cass. pen., Sez. II, 7 febbraio 2018, n. 9495. Più recentemente anche Cass. pen., Sez. III, 13 luglio 2021, n. 35630).

Alla luce di dette considerazioni, gli ermellini rimettono alle Sezioni Unite la questione se, ai fini dell’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p., sia di per sé ostativa la continuazione tra i reati. Come ovvio, la soluzione della questione include anche quella subordinata relativa alle condizioni cui possa ritenersi operante la particolare tenuità del fatto in presenza del reato continuato, nel caso in cui non si reputi ostativo tale reato alla concessione della causa di non punibilità in oggetto.

Fonte: https://www.altalex.com/documents/news/2021/11/01/particolare-tenuita-e-configurabile-in-caso-di-reato-continuato

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