In Italia la normativa antiriciclaggio si basa principalmente sul decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 che recepisce a sua volta la direttiva europea 2005/60/CE.
Il decreto ha introdotto nell’ordinamento nazionale una serie di adempimenti antiriciclaggio, finalizzati cioè alla prevenzione e al contrasto del riciclaggio di denaro, beni o altre utilità e quindi con lo scopo di proteggere la stabilità e l’integrità del sistema economico e finanziario.
In caso di apertura del fallimento, ferma restando l’automatica interruzione del processo (avente per oggetto i rapporti di diritto patrimoniale del fallito) che ne deriva ai sensi dell’art. 43, comma 3, l.fall., il termine per la riassunzione o la prosecuzione, per evitare gli effetti di estinzione di cui all’art. 305 c.p.c. e al di fuori delle ipotesi di improcedibilità ai sensi degli artt. 52 e 93 l.fall. per le domande di credito, decorre da quando la dichiarazione giudiziale dell’interruzione stessa sia portata a conoscenza di ciascuna parte; tale dichiarazione, ove non già conosciuta nei casi di pronuncia in udienza ai sensi dell’art. 176, comma 2, c.p.c., va notificata alle parti o al curatore da ogni altro interessato, ovvero comunicata dall’ufficio giudiziario, potendo altresì il giudice pronunciarla d’ufficio, allorché gli risulti, in qualunque modo, l’avvenuta dichiarazione di fallimento.